PRIMO PREMIO
  Fuoco
È fuoco questa terra amara,
dove a camminare sembra solo il sole,
e dove le scarpe ti hanno già salutato,
mentre la luna si beffa di te.
C’è il fuoco pure a casa di tuo padre,
dove una volta lui era bambino,
e dove è rimasto sdraiato a guardarti,
mentre il silenzio fa troppo rumore.
E quando è notte, si vede il fuoco,
dove le luci rincorrono l’alba,
e dove il giorno è fatto di sangue,
mentre tua madre culla le ombre.
Ma intanto il fuoco continua a ruggire,
 brucia le spalle e spacca le dita,
gli occhi che piangono solo la sabbia,
mentre Morgana ti chiama, e ti brama.
 Ma non è il fuoco che fa paura,
quando ha bruciato qualunque ricordo,
e quando l’alba sembra vicina,
mentre la voce del mare ti sfiora.
Ma il fuoco lo senti anche se è spento,
quando l’argilla diventa bagnata,
e quando la luna si è denudata,
mentre ti volti a guardare lontano.
E come fuoco, è l’acqua del mare,
quando ti brucia di sangue e di sale,
 dove ritrovi tuo padre e tua madre,
mentre lo scoglio, sdraiato, ti guarda,
e la corrente ti culla, e ti scalda.
                                               Luigi Brasili
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È un componimento poetico che chiede al lettore di immedesimarsi nel travaglio interiore di un uomo, costretto a lasciare la propria terra. Difficile non immaginare in quell’uomo uno dei tanti migranti dal Sud del mondo, aggrappato allo scoglio di una terra bramata e sconosciuta, appena scampato ai pericoli di una traversata in mare su mezzi inadatti o di fortuna.
Una poesia che andrebbe letta a ritroso. Si svela alla fine, nel momento dell’approdo, quando l’acqua del mare appare agli occhi del naufrago finalmente quieta, materna, un liquido amniotico che culla e scalda. È lo stato di grazia di chi ha faticosamente raggiunto la meta. Solo allora è permesso liberare i ricordi, flash di pensieri, istantanee dolorose di un’esistenza grama, lasciata alle spalle.
E i dolori del passato sono rappresentati dal fuoco, elemento imprescindibile di questa poesia, come lo è in natura, con terra, aria e acqua, all’origine della vita.
È il fuoco del focolare domestico, degli affetti familiari abbandonati; è il fuoco che brucia, come la sabbia rovente del deserto, che cuoce i piedi e le scarpe; è il fuoco di una guerra; è il fuoco del desiderio di fuggire via e bruciare in fretta qualunque ricordo.
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SECONDO PREMIO
  UN TEMA CHE VORREBBE ESSERE LIBERO
(contro la pedofilia)
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Scriverei di un bambino troppo fragile
per bersi il mondo nel nappo dei sogni,
 di un padre inetto a vivere ed amare
chi più di tutti ascolto reclamava.
Scriverei di una madre senza sole,
 gracile come l’edera sul muro
 quando è furente la spira del vento.
 Scriverei di una scuola eterna assente
ascosa dietro comode giustifiche
e di un quartiere morto appena nato,
di tetti a spiovere sulle miserie.
Scriverei di una storia come tante
screziata di violenza senza colpe
come in quei film in onda a tarda ora.
Scriverei di uno strano incontro al parco,
di un mago che coglieva le sue stelle
come violette al cordolo del cielo
e le incartava a mo’ di caramelle
per farne dono al “figlio non avutoâ€.
Vorrei portare inchiostro nero al foglio
per contornare il volto di quell’uomo
 il ghigno dell’imbroglio spudorato
le dita incise a uncino sulle spalle
 le braccia a morsa sulla bianca pelle.
Trema però di rabbia la mia mano
e suda e sbava sulla carta a righe
e più non vuole spargere altro odio.
 Fu una sirena della radiomobile
a urlare in strada quanto non so scrivere,
chiudere il tema con doppia mandata.
                                   Flavio Provini
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Tema complesso trattato con delicatezza.
Da una parte, parole ,immagini, situazioni danno il colore dell’innocenza; dall’altra parte, parole differenti, invece, danno il colore-nero-della colpa.
L’uso dell’anafora (Scrivere) rimarca lo sfogo della denuncia. Ma, sarà un urlo-quello della sirena-a stampare la denuncia della sconcia colpa.
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TERZO PREMIO EX AEQUO
                 Nuda                   Â
 C’era una volta una pioggia allegra
 di coriandoli volteggianti
 nell’angolo residui di neve.
L’allegoria chiassosa dell’irrealtÃ
su carri improbabili e strani
bagliori di luci, tintinnio di suoni e risa
abiti sporchi di felicità , i colori addosso.
Zingarelle ridenti e Cenerentole inventate
improvvisati eroi evasi dalle fiabe
destinati a smarrirsi nella memoria dei grandi.
Perché nel circo della vita
sono tristi i pagliacci
e mi dà solo sconforto la malcelata finzione.
Ci sono sempre le maschere, siamo tutti attori
senza togliere il trucco su palcoscenici vivi.
Scrivo stasera, parole soltanto vere
le mie dita sulle lettere nere.
Provo timore, l’imbarazzo di essere nuda
quel pudore della sincerità .
Sensazioni intraviste, emozioni spogliate
senza veli, sentimenti e pensieri.
Arrendevole scivola il mio abito di scena.
Il freddo mi tocca la pelle svelata.
Leggimi, scoprimi dentro
tu che sei ancora un poeta.
Per un attimo, libera, vorrei essere io!
E fuori il vento, accatasta frammenti di stelle filanti.
Abbiamo sempre le maschere
                    Angela Cristina Broccoli
Il titolo è un’epigrafe: annuncia il tema del componimento.
L ‘incipit è quello classico della fiaba(C’era una volta), va in scena il carnevale -la finzione- della vita in cui le maschere siamo noi.
Ma c’è chi, spogliatasi del suo abito di scena, è NUDA. E chiede ad un poeta di scoprirle l’anima: libera.
Inventività fantastica coinvolgente.
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 IO, SCOGLIO
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Sopra enigmatici fondali
risacche ansimanti
Piaggiano serafici litorali
languide onde
Sferzano battigie
 furenti cavalloni
Sabbia acqua scogli sale
spuria alchemica mistura
cocktail callido ancestrale
Soffia brezza, scombina
riplasma, increspa
di luce tinteggia
un crogiolo di colori
distopico proscenio
cangiante riforgia
Io, scoglio
ferrigno mostro
cinto di verdi alghe
improvviso affioro
Vento sole pesci onde
compagni di ventura
magma primordiale
liquido abbraccio
amniotica fusione
In ritmi eterni circadiani
albe accendono mattini
e tramonti spengon cieli
Rorido di spume frante
erto, fiero a salse furie
Io, scoglio, immane e tetragono
                                                            Francesco Petrucci
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Il componimento ha una forte carica espressiva che marca il contrasto mare/SCOGLIO.
Da una parte seguiamo il movimento vario e avvolgente del mare; dall’altra fissiamo la saldezza gigantesca dello scoglio.
Si disvela, qui, un’opposizione concettuale, mediante chiasmi, aggettivi pregnanti, asindeti, lessico non usuale, tono sentenzioso.
E, l’ IO campeggia. Saldo approdo, simbolo di quiete e protezione.
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PREMIO SPECIALE
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  SE SUDANO NEL SUDANÂ
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Se sudano nel Sudan
si crede faccia caldo
e quelli che si snudan
producano smeraldo
che scivoli sul callo
 veloce a più non posso
mutando nel corallo
famoso del Mar Rosso.
Comunque, riflettendo,
magari con il sole,
qualcuno va capendo
che manchino le scuole
non tanto per l’effetto
dai dotti detto serra
ma dentro quel distretto
distrutto dalla guerra.
Il fatto che di lÃ
un tempo scese Allah
recò le conseguenze
di critiche presenze,
e lette le sentenze
descritte sul Corano
s’accesero vertenze
nell’animo cristiano.
I militi del sud
indenni dal Talmud
tenevano la Bibbia
appesa sulla fibbia;
notando nuovi cristi,
i gruppi d’animisti
gridarono parole
vietate nelle scuole.
La causa dei dolori
ristagna presso i pori…
                                              Flavio Tamiro
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Il Sudan raccontato da una FILASTROCCA
Guerre civili, etnie e religioni in conflitto, no scuole, dolori.
Il ritmo, scandito da settenari cantabili, in rima alternata, è gradevole.
A creare un’originale atmosfera poetica del componimento dialogano
molte figure retoriche: metafora, allitterazione, anastrofe, paronomasia.
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SOTTO LA PIOGGIA
(a Anthony Mmesoma Madu*)Â Â Â
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 La danza è un linguaggio nascosto,
è la voce segreta dell’anima,
che parla col silenzio e coi gesti,
in sublime armonia ed espressività .
A volte è una poesia toccante,
scritta con l’inchiostro del cuore,
a volte è un quadro bellissimo,
disegnato delicatamente nell’aria,
a volte, invece, è la storia vera
di un ragazzino che vive lontano…
La danza è passione vitale,
 che pulsa come un cuore nel mondo
e lo colora di bellezza ed eleganza,
anche in un luogo sperduto dell’Africa.
La danza è un fiore esile, in apparenza fragile,
che sboccia coraggioso nel fango
e si schiude maestoso sotto la pioggia,
è un cigno nero che fluttua nell’aria
 e schiude le sue ali in mezzo alla miseria.
La danza è Anthony che balla felice,
 scalzo, nel fango della sua Nigeria
senza paura e senza sosta,
perché Anthony non ha nulla
ma possiede la sua danza.
                         Giuseppina Barzaghi
*Anthony Mmesoma Madu: talentuoso ballerino nigeriano di 11 anni
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Quanta bellezza in questa poesia dedicata a Antony Mmesoma Madu, un ragazzino nigeriano undicenne innamorato della danza, che sogna da grande di diventare un ballerino professionista. Il filmato di Antony che balla sotto la pioggia, in mezzo al fango di Lagos, dove vive, ha fatto il giro del mondo e toccato il cuore di qualcuno che ha promesso di realizzare il suo desiderio con una borsa di studio.
Una poesia che ci invita a riflettere sul bisogno che abbiamo di storie positive, di belle storie. Una favola moderna sul potere straordinario dell’immagine, sulle opportunità dei social quando non producono odio, sul saper coltivare i propri sogni anche a costo di grandi sacrifici, specie se non sei nato nella parte “giusta†del mondo, ma anche ai destini che a volte si incrociano e cambiano la storia delle persone.